Sanzioni e armi. La parola alla sinistra marxista ucraina

“Siamo al punto in cui bisogna fare delle scelte. Non è una scelta difficile per la sinistra russa contro la guerra. E non è sicuramente una scelta difficile per la sinistra ucraina. Non perché siamo diventati nazionalisti. Siamo materialisti e questa scelta è strettamente condizionata dalla realtà materiale della brutale invasione russa”. Intervista con Oksana Dutchak del Center for Social and Labour Research di Kiev.

Una sinistra marxista, colta e vivace, è presente in Ucraina con centri studi, pubblicazioni e siti, una produzione di idee e di ricerche di qualità, un mondo intellettuale e militante in interazione feconda con i suoi omologhi in Europa e negli Stati Uniti. Sulla guerra in corso sono numerosi e di qualità analisi e interventi. Tra le pubblicazioni spicca The Commons, giornale di critica sociale, fondato nel 2009, con articoli di economia, politica, storia e cultura, da cui è tratta l’intervista, pubblicata il 10 aprile scorso.

L’aggressione russa contro l’Ucraina si trascina da settimane, al costo incalcolabile di vite e gettando l’intera regione nel caos. Negli ultimi giorni, le immagini orribili che emergono da Bucha e da altre aree sotto l’occupazione russa hanno sollevato ulteriori interrogativi su quali siano realmente gli obiettivi della guerra di Putin e quanta sofferenza sia disposto a infliggere per raggiungerli. Mentre s’intensificano le sanzioni e i negoziati si trascinano senza un accordo in vista, come si può fermare l’eccidio? Oksana Dutchak del Center for Social and Labour Research di Kiev, recentemente fuggita dal Paese, ne ha parlato con Fabian Wizotsky della Rosa Luxemburg Stiftung della situazione in Ucraina e delle prospettive di pace, sempre più flebili.

Oksana, hai lasciato da poco l’Ucraina. Com’era la situazione quando te ne sei andata e che tipo di informazioni stai ricevendo da parenti e compagni che sono ancora lì?

Sono già passate due settimane da quando me ne sono andata, quindi le mie informazioni sulla situazione sul campo provengono dalla stampa, da parenti e amici. In generale il quadro si è fatto al tempo stesso più prevedibile e più disastroso.

L’esercito russo si è ritirato dalle regioni di Kiev e Chernihiv nel nord del paese. È da lì che provengono le immagini orribili di edifici e infrastrutture distrutti, di massacri di civili, torture, stupri e rapimenti. Persone che conosco e di cui mi fido hanno visitato questi siti e raccolto testimonianze da gente del posto sopravvissuta – lo dico nel caso qualcuno, leggendo quanto dico, abbia dei dubbi su quello che è successo lì, come  “propaganda occidentale”,

Nel sud abbiamo i territori occupati fin dall’inizio della guerra. Ci sono state meno distruzioni, ma numerose segnalazioni di rapimenti, torture, uccisioni e stupri. Le autorità locali, gli attivisti, i volontari, i giornalisti, gli insegnanti e molti altri sono a rischio. C’è anche il pericolo crescente di un’offensiva russa lì, il che potrebbe significare un’estensione territoriale dell’occupazione e, quindi, repressione e violenza più brutali.

La situazione peggiore probabilmente s’intensificherà ora sul fronte orientale, dove si svolgerà l’offensiva principale. Non possiamo nemmeno immaginare quanti civili siano stati uccisi lì e quanti abbiano subito violenze indicibili. L’8 aprile la stazione ferroviaria di Kramatorsk, il principale snodo per l’evacuazione delle persone nell’Ucraina occidentale, è stata bombardata da bombe a grappolo. A decine sono stati uccisi.

La Russia farà di tutto per mantenere questi territori, conquistandone altri, nascondendo le vittime e distruggendo le prove dei suoi crimini contro l’umanità. E su tutto questo i continui attacchi aerei dietro le linee del fronte, che prendono di mira le infrastrutture critiche e militari fino alle città e ai villaggi dell’Ucraina occidentale.

Nessun posto è sicuro adesso. Naturalmente, il livello di sicurezza “personale” varia a seconda di dove ci si trova. Ma dopo che i dirigenti russi hanno recentemente dichiarato apertamente le loro intenzioni di genocidio, siamo giunti a capire che l’esistenza stessa della società ucraina nel suo insieme è minacciata. Sembra che ora ritengano sostanzialmente giustificato qualsiasi crimine, distruzione, repressione o livello di violenza. A questo punto, solo un cambiamento delle condizioni materiali può fermarli.

Cosa intendi per “condizioni materiali”? E cosa vuole la sinistra ucraina dai suoi compagni all’estero, ma anche dai partner occidentali dell’Ucraina?

Quello che voglio dire è che solo le condizioni materiali cambieranno il comportamento della Russia, e con questo intendo dire anche costringerla a negoziati significativi. In parole povere, le condizioni materiali possono essere di tipo militare e di tipo economico.

La dimensione militare riguarda, ovviamente, il campo di battaglia. Questo determinerà direttamente quanto territorio ucraino sarà sotto l’occupazione russa nell’immediato futuro, e quindi definirà la portata della violenza e della distruzione a breve termine. La dimensione economica riguarda le sanzioni, che determineranno, a medio e lungo termine, che tipo di risorse ha la Russia per sostenere la guerra.

Queste sono le due richieste avanzate dalla sinistra ucraina con le quali posso dire di identificarmi: fornire armi e far rispettare le sanzioni. Non c’è altro modo. So che ci sono obiezioni  contro entrambe queste richieste, e mentre cerco ancora di trovare le parole per convincere le persone che si oppongono a una di esse, di solito le armi, ho poco da dire a coloro che sono contrari a entrambe le dimensioni dell’applicazione della pressione. Essere contro entrambi equivale a lavarsene le mani, del conflitto.

Che effetto ci si può aspettare dalle sanzioni? Molti esponenti della sinistra in Germania sostengono che sanzioni economiche su vasta scala contro gruppi al di fuori delle élite russe spingerebbero la popolazione a mobilitarsi uniti dietro la bandiera e finirebbero per alimentare ancora di più il sostegno a Putin e alla sua guerra. Qualche tempo fa avevi  detto in un’intervista di non aspettarti un movimento di protesta in Russia abbastanza forte da fermare Putin, ma vedevi piuttosto una possibile ribellione da parte delle élite contro Putin. Da questo punto di vista che tipo di sanzioni sarebbero utili per fermare la guerra in Ucraina?

Le prospettive di una rivolta popolare contro la guerra sono state molto esili fin dall’inizio. La repressione di qualsiasi opposizione e dei media liberi è in corso in Russia da anni e la guerra ha solo peggiorato le cose. Più a lungo si trascina il conflitto, meno credo in proteste di massa contro la guerra.

Sono anche d’accordo sul fatto che esiste una forte possibilità che le sanzioni, combinate con la massiccia macchina di propaganda russa, possano portare a un crescente sostegno alla guerra all’interno della Russia. Ma se non c’era alcuna possibilità di un movimento di massa contro la guerra già agli inizi, perché prendere ora in considerazione questo fattore quando si discute delle sanzioni? Invece di chiedersi se le sanzioni possono indebolire un movimento contro la guerra, quasi inesistente in Russia, non ci si dovrebbe chiedere cosa (se non altro) potrebbe innescare lo sviluppo di quel movimento?

In altre parole, a mio parere sembra che le sanzioni non facciano comunque parte di questa equazione. Peraltro, non sono sicura che valga la pena discutere le possibilità di ribellione delle élite in questo momento. Non credo nemmeno che le sanzioni siano ora il fattore principale. Hanno sicuramente portato a sentimenti di “dissidenza” tra le élite russe, ma se questi sentimenti condurranno a qualcosa dipenderà da molti altri fattori extra-economici, che sono fuori dal nostro controllo.

Sospetto che nel dibattito tedesco l’obiezione contro le sanzioni sia che potrebbero avere un impatto più disastroso sulla popolazione, in generale, piuttosto che sulle élite russe, che hanno più risorse e possono mettere i propri beni al sicuro all’estero. Questo argomento è valido, ovviamente. Ma vale solo nella misura in cui si considerano le sanzioni come una specie di punizione. Io non sono dell’idea che le sanzioni abbiano lo scopo di punire. Questo aspetto dovrebbe essere lasciato a un tribunale internazionale, per i criminali di guerra, per i propagandisti, per coloro che hanno ordinato, nascosto ed eseguito crimini contro l’umanità in Ucraina.

La logica principale delle sanzioni, a mio avviso, è quella di tagliare le risorse materiali necessarie per condurre la guerra. L’economia di guerra deve essere fermata. Sfortunatamente, nel capitalismo, la riproduzione sociale dipende completamente dall’economia e non c’è modo di fermare l’economia di guerra senza farlo pesare sulla riproduzione sociale delle persone che vivono nella società russa. Peraltro, senza fermare l’economia di guerra non c’è comunque modo di fermare la distruzione della riproduzione sociale della società ucraina e, letteralmente, di fermare l’escalation della violenza e salvare vite umane.

Siamo al punto in cui bisogna fare delle scelte. Scelte difficili per la sinistra tedesca. Per quanto ne so io, non è una scelta difficile per la sinistra russa che è contro la guerra. E non è sicuramente una scelta difficile per la sinistra ucraina. Non perché siamo diventati nazionalisti. Siamo materialisti e questa scelta è strettamente condizionata dalla realtà materiale della brutale invasione russa.

Al momento, i governi ucraino e russo stanno negoziando un cessate il fuoco e una soluzione diplomatica del conflitto. Cosa ti aspetti da questi colloqui di pace?

Non credo che la guerra finirà presto. I piani illusori del governo russo, che sono apparsi ovvi con il blitzkrieg all’inizio della guerra, hanno contribuito a far crescere nella società ucraina una reazione di difesa vitale, di una certa forza. Ma sono anche molto pericolosi nei loro riflessi sui negoziati. Gli sviluppi in corso, per non parlare della retorica del governo russo e della propaganda ufficiale, li considero segni di un’ulteriore escalation.

Poiché non finirà presto, è molto difficile prevedere cosa porteranno alla fine queste trattative, che potrebbero trascinarsi per mesi se non anni. I negoziati hanno diverse componenti: per adesso, possiamo chiamarle ideologiche, territoriali e geopolitiche. La componente ideologica consiste negli obiettivi illusori dei russi di “de-nazificazione” e “de-ucrainizzazione” ma discuterne, non ha alcun senso, soprattutto dopo che sono stati usati nelle narrazioni genocide dei propagandisti russi.

La componente territoriale riguarda il controllo dei territori e il riconoscimento internazionale di tale controllo. Questa parte dipenderà fortemente dal campo di battaglia e dalle condizioni materiali — militari ed economiche — della guerra. Qui voglio sottolineare il pericolo di una posizione, condivisa da alcuni esponenti di sinistra, secondo cui l’Ucraina dovrebbe concedere alcuni o tutti i territori appena conquistati. Dopo tutte le storie di violenza e repressione nei territori occupati, cedere questi territori alla Russia significherebbe cedere la popolazione al disastro del dominio russo.

Infine, c’è una dimensione geopolitica: lo status neutrale dell’Ucraina, le garanzie di sicurezza, ecc. Tutto questo è stato spinto all’estremo dalla Russia. Attaccando l’Ucraina ha rafforzato in modo massiccio il sostegno all’adesione alla NATO nella società ucraina e ha innescato cambiamenti nell’opinione pubblica e politica in alcuni altri paesi non NATO confinanti con la Russia. Non ci si può aspettare nient’altro quando le persone vedono la brutalità dell’invasione russa: lo status della NATO è percepito come l’unico modo per garantire che l’esercito russo non attaccherà.

La dimensione della sicurezza gioca ora un ruolo cruciale. Non so come potrebbero apparire queste garanzie di sicurezza per l’Ucraina alla fine e quanto saranno efficaci. Soprattutto tenendo conto del fatto che la loro efficacia dipenderà molto dalla traiettoria interna della Russia, poiché la Russia è la principale minaccia alla nostra sicurezza. Più forte sarà la Russia e il suo militarismo aggressivo, minori saranno le possibilità che le garanzie siano efficaci.

Per quanto mi riguarda personalmente, nel corso del lungo viaggio per metterci in salvo, mi sono resa conto che, anche dopo la fine della guerra, non mi sentirò al sicuro a Kiev a meno che non si produca un cambiamento drammatico in Russia. Qualcosa come la defascistizzazione e la smilitarizzazione. Senza questi cambiamenti, anche quando si negozia una qualche forma di pace, resta la grande possibilità che una mattina – forse tra mesi, forse tra anni – mi svegli di nuovo con i bombardamenti.

La sua domanda riguardava le aspettative per i negoziati di pace, ma voglio aggiungere un’altra aspettativa, che è estremamente importante per il necessario cambiamento in Russia dopo la guerra. L’aspettativa è che ci sia un tribunale internazionale che affronterà i crimini contro l’umanità commessi dall’esercito russo occupante. Altrimenti, non sono immaginabili sicurezza e pace a lungo termine per il popolo ucraino e altri paesi della regione.