Distribuzione di materiale filoucraino, graffiti, atti di vandalismo nei confronti della simbologia politica russa, segnalazione dei movimenti delle truppe occupanti alle forze armate ucraine. La storia del movimento partigiano Zlaja Mavka, nelle aree russofone dell’Ucraina occupata dall’esercito russo.
AMelitopol’, una delle città in cui le proteste contro l’occupazione nella primavera del 2022 sono state tra le più forti, tre donne si sono auto-organizzate per far capire ai soldati russi che non erano i benvenuti in città, nemmeno dopo un anno.
In occasione dello scorso 8 marzo, al fine di boicottare un’iniziativa propagandistica dell’esercito, intento a distribuire fiori alle pensionate di Melitopol’, una delle tre fondatrici di Zlaja Mavka o ZlaMavka ("Mavka arrabbiata" in russo), pittrice di professione, ha disegnato e diffuso un poster diventato virale in città: una donna vestita in abiti tradizionali ucraini colpisce un soldato russo con un mazzo di fiori. “Non voglio i tuoi fiori, voglio la mia Ucraina”, dice la scritta.
Da allora, secondo un’intervista anonima rilasciata da una delle tre fondatrici all’emittente tedesca DW, centinaia di donne si identificano nel movimento Mavka nei loro atti di dissenso quotidiani. Come altri gruppi partigiani ucraini, Mavka ha cominciato a operare sui social network e su Telegram. Le locandine disegnate dall’artista sono scaricabili in formato pdf, così da poter essere utilizzate da altre.
Mavka, dalla letteratura e dalla lingua ucraine
La mavka è una figura folcloristica, variazione ucraina delle rusalki presenti in modo eterogeneo nella mitologia slava: figure femminili simili alle Amazzoni, associate ai corsi d’acqua naturali. Nella narrazione popolare dei contadini ucraini, mavke erano le donne morte per annegamento, o in un’altra versione, quelle mai battezzate. Sono citate per la prima volta nell’Eneida (tradotto in Italia come Eneide travestita), parodia dell’opera virgiliana pubblicata a fine Settecento da Ivan Kotljarevs'kyj, uno dei padri della moderna letteratura ucraina. Qui le sirene virgiliane diventano mavke dei Carpazi. Dalla variazione linguistica adottata da Kotljarevs'kyj nel poema, poggiata sul dialetto ucraino parlato nell’area di Poltava, sono state canonizzate alcune delle regole grammaticali nella lingua ucraina.
La più importante presenza delle mavke nella letteratura ucraina è dovuta al lavoro della scrittrice e poetessa Lesja Ukraїnka, fra le più ardite sostenitrici dell’indipendentismo ucraino durante la “prigione dei popoli zarista”. Di convinzioni femministe e progressiste, Lesja Ukraїnka partecipò alla fondazione di un partito socialdemocratico ucraino e pochi mesi prima di morire, nel 1911, dedicò a queste mitologiche figure dai capelli verdi un poema drammatico in tre atti.
Nella primavera del 2023 è uscito un film animato ucraino, trasposizione dell’opera di Lesja Ukraїnka. La protagonista di “Mavka e la foresta incantata” è una ragazza dai capelli verdi, come generalmente venivano descritte le mavke nella letteratura ucraina e nella leggenda contadina. Curiosamente, la sua figura viene conosciuta dai cinefili occidentali proprio mentre tre donne, a Melitopol’, hanno iniziato a utilizzarla come simbolo contro l’occupazione russa.
La vita nelle aree occupate e i rischi delle attività partigiane antirusse
Nell’Ucraina meridionale, l’esercito russo e la sua macchina di funzionari amministrativi cercano di legittimare la loro presenza. O, almeno, di portare la popolazione locale a un’accettazione passiva, una volta svanita l’illusione, risalente ai primi giorni dell’invasione, secondo cui gli ucraini avrebbero accolto l’esercito di Putin con fiori e lacrime di gioia.
La minoranza di residenti – cittadine come Vuhledar contano oggi meno di un trentesimo degli abitanti rispetto alla popolazione del 2021 – che ha scelto, volente o nolente, di rimanere rappresenta oggi un enigma per i giornalisti occidentali, e a volte persino per quelli ucraini. Sondarne opinioni e stile di vita ed evitare i (non molti, per la verità) materiali propagandistici del Cremlino non è un’impresa facile, anche perché, ovviamente, è negato l’accesso a qualsiasi giornalista che non sia accreditato presso le autorità russe.
Molti dei superstiti nelle oblast’ occupate da Mosca in seguito al 24 febbraio 2022 sono persone anziane, che non hanno la possibilità di rifugiarsi altrove o che, spesso, non vogliono lasciare la propria casa, persino se danneggiata dai combattimenti. Questo titanismo incondizionato è disarmante nella sua disperata umanità, e non impedisce ai russi di tentare di conquistare la lealtà di queste persone per sfinimento e apatia.
Come racconta l’attivista italo-ucraina Marianna Soronevych per esempio, molti residenti di Melitopol’ non disdegnano di godere di una doppia pensione (quella ucraina continua ad arrivare) e degli aiuti umanitari provenienti da Mosca, in genere alimenti di prima necessità. E questo basta per tenere a bada – almeno finché i sussidi sono sostenibili per i russi – una parte della popolazione che non ha altra pretesa verso il futuro, se non la sopravvivenza. Queste circostanze riescono a spiegare, in parte, i motivi per cui una ribellione di massa non è mai avvenuta nelle parti di Ucraina occupate illegalmente dalla Russia.
Ciò non significa che gruppi ribelli clandestini e auto-organizzati non si muovano sottotraccia fra la popolazione più giovane e motivata che ha deciso di rimanere a Berdayns’k, Mariupol’, Melitopol’ e Volnovacha.
Persino in Crimea, dove la maggior parte degli ucraini e tatari anti-Mosca è stata costretta a lasciare la penisola già nel 2014, è attivo Atesh, un gruppo di circa settemila partigiani tatari, ucraini e russi etnici, che nell’ultimo anno opera anche nel resto delle zone occupate, e persino sul territorio della Federazione Russa. Atesh ha rivendicato, a inizio maggio, l’attentato allo scrittore nazionalbolscevico Zachar Prilepin’, uno dei sodali – anche in una sempre più spinta ucrainofobia a partire dal 2014 – del defunto Eduard Limonov, e delatore nei confronti di molti artisti russi contrari all’invasione dell’Ucraina, come Oleg Kulik.
Il valore (e il costo) del dissenso
Altri movimenti partigiani sono attivi trasversalmente attraverso una capillare rete organizzativa, soprattutto tramite gruppi Telegram. Il più importante fra tutti è probabilmente Yellow Ribbon/Nastro Giallo, nato a Cherson durante l’occupazione del marzo 2022 e gradualmente diventato sempre più attivo nelle altre regioni, compresa la Crimea e il Donbas.
Mosca confida di contenere il malcontento delle porzioni più attive della società con metodi già consolidati: paura e repressione. In un contesto nel quale persino due minorenni (Tigran Ohannisyan e Mykyta Khanhanova a Berdyans’k) vengono uccisi dopo aver tentato di sabotare le operazioni degli occupanti, e mentre in Russia si è incriminati a sette anni di carcere per un post su Facebook, ogni gesto, seppure piccolo, come quello del movimento Mavka assume una valenza fuori straordinaria.
Oleksandra Matvijčuk, fondatrice del Centro per le libertà civili, l’organizzazione non-governativa ucraina vincitrice dello scorso Premio Nobel per la pace insieme all'attivista bielorusso Ales' Bjaljacki e alla fondazione russa Memorial, ha sostenuto le azioni di ZlaMavka.
"Le donne ucraine sono in prima linea nella lotta contro l'occupante e danno un enorme contributo: al fronte, nei territori occupati e nelle retrovie. Non fate arrabbiare le donne ucraine! Il coraggio non ha genere", ha scritto Matvijčuk nel suo appello.
Dall’esterno, azioni come il rifiuto di prendere un passaporto o una pensione russa, colorare un muro con bombolette giallo-blù, negare alla collaborazione con gli occupanti o dipingere un tridente ucraino su un recinto, sembrano atti di protesta minore; potrebbero sembrare ben poco, rispetto alla violenza estrema a cui questa guerra ci ha assuefatto, anche per quel riguarda le azioni partigiane nella stessa Melitopol’: durante le settimane in cui nasceva ZlaMavka, ignoti avevano fatto saltare in aria il sindaco occupante nella sua auto.
Non bisogna dimenticare i rischi che si corrono nell’esprimere qualsiasi gesto pubblico di contrarietà al regime di occupazione russa, e l’importanza di svolgere azioni coordinate, sensate e non dispersive.
Come ha ricordato il fondatore di Nastro giallo in un’intervista, molti cittadini nelle aree occupate sono inizialmente diffidenti nell’unirsi a forme di protesta anche simboliche: esiste il timore che dietro ci siano i servizi segreti o la polizia russa, in cerca degli ucraini “politicamente pericolosi”.
I rischi sono ancora più concreti per le donne, in modo particolare quelle che vivono da sole o in luoghi isolati delle città occupate. Sui gruppi filorussi di Melitopol’ è partita una vera e propria “caccia alla donna” e le Mavka che sono state identificate come squadre di sabotaggio.
È nota la brutalità delle truppe russe, che in particolare nei confronti delle donne si concretizza in innumerevoli episodi di violenza sessuale nelle zone occupate oggi riconquistate dagli ucraini, come sta emergendo da numerose inchieste e testimonianze.
In un clima di questo tipo, qualsiasi forma di resistenza ha valore. Sebbene alcuni ucraini nelle aree occupate abbiano adottato una strategia di sopravvivenza passiva, movimenti come Mavka testimoniano la volontà di non arrendersi nemmeno nella consapevolezza che la prossima azione di dissenso potrebbe essere, tragicamente, l’ultima.