Guerra, diseguaglianze, neoliberismo: le sfide della sinistra ucraina

Cosa significa essere di sinistra e trovarsi di fronte a una guerra di invasione, che non si è scelta, che non si è voluta, e che obbliga a rivedere principi e punti di vista e, allo stesso tempo, continuare a difendere una società più giusta? Discussione con alcuni militanti della galassia di sinistra in Ucraina.

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La stazione della metropolitana Osokorky a Kiev, febbraio 2025. | Foto: FB

Kiev, febbraio 2025. Andrii mi dà appuntamento in un bar di Pozniaky, quartiere di Kiev nella cosiddetta “Left bank” la riva sinistra del Dniepr, il fiume che attraversa la capitale ucraina; sulla “Right Bank” si trovano il centro storico e politico, e i suoi quartieri più eleganti e alla moda, nonché la sede dei palazzi del governo.

Andrii ha 30 anni, è un programmatore web e fa parte di Sotsialnyi Rukh (“Social Movement”, SR), un movimento politico di sinistra.

Prima della guerra l’attività del gruppo (che non è un partito) era concentrata soprattutto in strada e sulla questione del lavoro e dei diritti. Oggi a tutto questo si aggiunge la guerra, con la legge marziale che vieta manifestazioni, scioperi e proteste.  “Il problema principale in Ucraina è che in precedenza non avevamo una tradizione socialdemocratica: la socialdemocrazia in Ucraina è stata annientata dai bolscevichi e dai russi. I membri della sinistra erano tradizionalmente legati al Partito comunista e ai partiti satellite. Dopo Euromaidan, coloro che non volevano alcun legame con il passato comunista, né con la Russia, hanno creato SR”, mi racconta in inglese, sorseggiando il suo “chai”.

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Il Dnepr, dalla metropolitana di Kiev | Foto: FB

“La situazione è complicata, siamo in pericolo, e c’è una limitazione dei diritti civili, comprensibile in tempo di guerra”. Allo stesso tempo, la guerra “ha spinto la società civile a darsi da fare: oggi abbiamo una grande quantità di iniziative civiche. E questi movimenti creano in un dialogo permanente con il potere, e questo ci salva, perché senza questo feedback penso che il governo semplicemente non farebbe la cosa giusta”.

SR, che sostiene i soldati sul fronte e la popolazione civile colpita dalla guerra, ha per esempio fatto campagna affinché la municipalità di Kiev contribuisca maggiormente al finanziamento dell’esercito.

“Ci rendiamo perfettamente conto che gli occidentali non capiscono l’Ucraina, perché è un piccolo paese, poco importante e spesso le persone ragionano per stereotipi”, solo che oggi una maggiore comprensione “può avere un impatto sulle vite in Ucraina”.

Lo sforzo deve essere “giusto”

L’ufficio del Sotsialnyi Rukh è a Podil, quartiere centrale di Kiev, sulla Right Bank, dove si trovano numerosi ristoranti, caffè e librairie. Lo spazio è condiviso con Pryama Diya (PD, Direct Action), sindacato studentesco che milita per un'istruzione completamente gratuita e priva di discriminazioni.

Ad accogliermi nel cortile del palazzo ci sono Vitaliy Dudin, Dionysii Vynohradiv e Vova Hesfer.

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Vitaliy Dudin, Dionysii Vynohradiv e Vova Hesfer nell'ufficio del Sotsialnyi Rukh. | Foto: Vitaliy Dudin

Dudin lo conoscevo già indirettamente, avevo letto degli interventi suoi su Commons, rivista che mette insieme diversi contributi della sinistra ucraina: è un giurista specializzato in diritto del lavoro e ha co-fondato SR.

Vynohradiv è rappresentante di PD, studente di filologia e membro di SR. Hesfer è un militante ecologista. È particolarmente preoccupato, già ad inizio febbraio, per l’accordo sullo sfruttamento delle terre rare ucraine al quale l’amministrazione Trump condiziona il proseguimento degli aiuti militari statunitensi. Vova è anche attivo in progetti di sostegno a chi ha perso la casa nella regione di Kharkiv (nord), dove l’esercito russo avanza, seppure lentamente

La questione della resistenza è oggi centrale, mi dice Dudin: “Abbiamo ricevuto molto aiuto dagli Stati Uniti e da altri paesi occidentali all'insegna del sostegno alla democrazia e della lotta all'autoritarismo. Oggi questo aiuto appare molto più condizionato ai profitti e dai benefici per l'Occidente: questo influisce sulla situazione in Ucraina. Queste condizioni ci impediscono di costruire sul lungo termine, di sviluppare la democrazia e la concorrenza pluralista nella vita politica. E, ci impediscono anche di stabilire una cooperazione solida con altri paesi, perché tutto può cambiare. Quindi l'unica cosa in cui crediamo è che il popolo ucraino dovrebbe restare unito e combattere”.

Ad oggi SR ha potuto tessere una serie di legami politici con partiti e organizzazioni progressiste e socialiste in Europa, tra cui l’Alleanza Verde nordica europea, l'Alleanza Verde di Sinistra dell'Europa Centro-Orientale L’ufficio nel quale ci troviamo è finanziato, mi dice Dudin, dell'Istituto danese per i partiti e la democrazia grazie all’aiuto di Enhedslisten  (Alleanza rosso-verde, partito ecosocialista danese) e dal Partito danese Alternativet (L’Alternativa).

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La bandiera del sindacato studentesco Prima Dia flag nell'ufficio del Sotsialnyi Rukh (Movimento sociale) a Kiev. | Foto: FB

L'iniziale ondata di resistenza a cui il paese ha assistito in seguito all’invasione russa del 2022 è oggi a rischio: non dall’idea che si debbano abbandonare i combattimenti — nessuna delle tante persone con le quali ho parlato in Ucraina ha evocato a questa possibilità — ma per la questione dello sforzo bellico, che deve essere “giusto”.

Cosa significa? “Nel 2024 è stata introdotta sugli stipendi dei lavoratori una nuova aliquota sulla tassa che finanzia lo sforzo bellico. Era l'1,5 per cento, oggi è il 5 per cento”, mi spiega Dudin. “Per le aziende, tutto è quasi come prima. L'unico segmento che ha sofferto un po' sono i singoli imprenditori”, ma si tratta di lavoratori indipendenti, piccole partite iva autonome.

“I lavoratori, gli agricoltori, gli operai e le classi popolari pagano un prezzo sproporzionato in questo conflitto. Le riforme portate avanti, come la deregolamentazione del diritto del lavoro, hanno ulteriormente indebolito i diritti dei lavoratori, distruggendo ovviamente la poca fiducia che avevano ancora nello stato. Le recenti leggi hanno ridotto le tutele sociali e facilitato i licenziamenti, anche in tempo di guerra. Mentre l'esistenza dell'Ucraina dipende dalla resilienza e dallo sforzo collettivo dei suoi cittadini, il governo sta lavorando per indebolire le fondamenta stesse di questa solidarietà”. A parlare è Hanna Perekhoda, storica e membro di SR, con la quale ho parlato prima di arrivare a Kiev.

“La realtà è che il governo ucraino, mantenendo la sua logica neoliberista, non solo mina la sovranità economica del paese, ma mette anche a repentaglio la sua coesione sociale, una condizione cruciale per la sopravvivenza di una società in guerra. Il governo si trova in un vicolo cieco. Sta cercando di condurre una guerra totale contro una potenza imperialista, aggrappandosi al contempo alla fantasia di un'economia neoliberista. Ma basata su immaginari sociali profondamente individualisti e su economie deregolamentate, semplicemente non è adatta alle esigenze di difesa che richiedono sforzi solidali a tutti i livelli della società”, analizza Perekhoda.

“Questo tipo di disuguaglianza è semplicemente tremendo”, aggiunge Vynohradiv in ucraino questa volta, tradotto da Dudin: “L'élite, i politici, i grandi imprenditori, possono lasciare il paese se vogliono, e possono avviare una nuova attività. E il resto della popolazione ha solo obblighi. C’è una sorta di rottura del contratto sociale”.  Questa riflessione riguarda - ed è stata comune tra i miei interlocutori e interlocutrici - la questione della leva obbligatoria: i metodi di reclutamento forzato sono considerati indegni e vergognosi, ma non la questione della leva, in un momento in cui il paese è invaso.

“Il largo sostegno popolare e la solidarietà di massa, emersi durante il periodo di guerra hanno dimostrato che la partecipazione alla vita politica non è più un privilegio delle classi superiori”, Vitaliy Dudin

Oggi naturalmente la pressione sulle finanze pubbliche è molto più importante di quanto non fosse prima dell’invasione a tutto campo, aggiunte Dudin: “Dobbiamo nutrire l'esercito. Dobbiamo comprare armi. Dobbiamo costruire elementi di difesa a sud e a est. Dobbiamo mantenere la nostra energia elettrica. Dobbiamo ricostruire le nostre case, scuole, università, ospedali. Dove prenderemo i soldi? Penso che questo modello di, non so, sovvenzionamento internazionale dei bisogni ucraini imposto da Zelenskyij si sia esaurito e stia arrivando alla fine”.

Un gruppo anti-autoritario

Il giorno dopo sono tornata a Pozniaky per incontrare Solidarity Collectives (SC, Колективи Солідарності) un gruppo di attivisti che si è formato in seguito all’invasione su larga scala nel 2022 per aiutare una parte dei soldati sul fronte e la popolazione civile. SC si identifica come gruppo “anti-autoritario”.  Cosa significa, me lo spiega Kseniia: “Alcuni di noi sono anarchici; ci sono militanti femministe, progressisti, ecologisti, persone di sinistra. Alcuni non si identificano politicamente, ma condividono idee progressiste in generale (diritti Lgbt, delle donne, ambientalisti…)”. Prima dell’invasione su larga scala “il nostro movimento era diviso – il tipico dramma delle persone di sinistra, hai presente?”, mi dice sorridendo al tavolo del Kfc del quartiere.

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Pozniaky all'uscita della metropolitana. | Foto: FB

Palazzoni costruiti soprattutto negli anni Novanta si alternano a strade a scorrimento veloce. Al secondo appuntamento a Pozniaky chiedo dove mi trovo. Kseniia mi spiega che Pozniaky è un quartiere di “working class”, di lavoratori e lavoratrici, i cui impieghi sono spesso nella “Right Bank” della città.

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Le allerte sullo smartphone. | Screenshot: FB

Qui gli affitti sono più bassi rispetto al centro di Kiev (meglio servito dai mezzi pubblici), dove il prezzo delle case è esploso negli ultimi tre anni, raggiungendo picchi che ricordano le capitali più costose dell’Europa occidentale. Inoltre, in caso di allarme aereo – più volte di notte, e a volte di giorno – i mezzi pubblici che portano nella “Left Bank” sono chiusi, obbligando chi ci vive o a dormire nella metro o a tornare in taxi, a prezzi improponibili per i salari ucraini. Il salario minimo in Ucraina è di 8.000 hryvnia, quello medio 20.000, rispettivamente circa 180 euro e 450 euro.

Dopo l’invasione a tutto campo, una parte di Solidarity Collective ha deciso di arruolarsi, un'altra si dedica ad aiutare i civili, andando regolarmente nelle zone sul fronte per sostenere le comunità locali e chi scappa dai territori occupati; un’altra parte ancora si forma sulla costruzione di droni, su come farli funziona, programmarli, per poi consegnarli ai soldati anti autoritari o di sinistra nei diversi battaglioni.

L’impegno di SC per la raccolta del materiale militare è un esempio dell’immenso lavoro realizzato dalla società civile ucraina per sostenere, in modo molto pratico, le forze armate di fronte ad uno stato che non riesce a sopperire ai loro bisogni. Sono decine le fondazioni, centinaia le iniziative per inviare denaro ai diversi battaglioni (o all’esercito in generale) o per acquistare armi ed equipaggiamento, per formare soldati.... A titolo di esempio,la Come Back Alive Foundation, una delle più note anche all’estero, dal 2022 ha raccolto oltre 14 miliardi di grivnia (circa 320 milioni di euro).

SC considera centrale per la sua attività  la comunicazione:“Per noi era importante mostrare le prospettive di sinistra, le attività e le storie di militanti antiautoritari in prima linea”. E questo per due motivi: sostenere lo sforzo della resistenza del paese, ma anche far sentire la propria voce e la propria storia, perché la questione della guerra è un tema particolarmente e comprensibilmente complesso per chi milita in gruppi di sinistra: “Molti antimilitaristi del passato, come le persone che accusavano, ad esempio, altri per la militarizzazione della società qui in Ucraina, alla fine sono passati alle armi, e cerchiamo di spiegare il perché”.

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Kseniia con alcuni soldati anarchici di un'unità di ricognizione aerea. | Foto: Solidarity Collectives

Le evoluzioni storiche e lo specifico contesto attuale hanno creato un divario di comprensione tra i militanti di sinistra ucraini (ma si potrebbe dire lo stesso per altri paesi dell’ex blocco sovietico) e i loro omologhi occidentali.

Come mi spiegava ancora Hanna Perekhoda, “per molti attivisti di sinistra al di fuori delle zone di guerra e degli stati dittatoriali, queste condizioni fondamentali – la sopravvivenza fisica e la libertà di base – sono date per scontate. Questo crea un pericoloso punto cieco, che regimi come quello russo sfruttano con formidabile efficacia. La sinistra ucraina deve quindi navigare in questo ambiente: impegnarsi a difendere la giustizia e l'uguaglianza, partecipando allo stesso tempo alla lotta immediata che riguarda la sopravvivenza fisica della loro società. La sfida è rimanere fedeli ai propri valori mentre si conduce questa doppia lotta: resistere a un aggressore esterno e lavorare per una società più giusta ed equa all'interno dell'Ucraina”.

Oggi, ha aggiunto, “il conflitto ha ovviamente sconvolto tutto, compreso il concetto stesso di politica. È ormai chiaro che qualsiasi politica richiede almeno due presupposti fondamentali: rimanere in vita e preservare un certo grado di libertà”.

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Il laboratorio di costruzione di droni Fpv | Foto: SC

Ho finito il mio caffè e non ho lasciato Kseniia finire il suo, ma non se ne preoccupa: “Perché siamo in questa situazione? Perché un regime autoritario ha deciso che meritavamo di essere occupati? Perché siamo ‘fascisti’ o qualsiasi altra scusa abbiano inventato… Queste motivazioni erano le stesse per tutti, insieme alla preoccupazione personale e profonda, per i parenti e gli amici, e per i luoghi in cui si è cresciuti, e per questo insieme di diritti che abbiamo, che dovrebbero essere difesi. Sono queste cose che rendono così grande la motivazione a combattere. perché o ci toccava morire, o peggio, oppure potevamo combattere”.

“L'Ucraina non è perfetta, ma è il progetto più democratico che esiste nei territori post-Urss. Abbiamo diritti. Abbiamo lottato per questi diritti, sempre. E per noi era importante difendere ciò che abbiamo e poter continuare a far crescere questo progetto”, mi dice accompagnandomi alla metropolitana.

L’Europa è un orizzonte?

L’Unione europea è vista, dai miei interlocutori e interlocutrici, un po’ come la sola via possibile per il paese, ma non senza alcuni “ma”: “C​redo che prima della guerra gli ucraini avessero un'idea un po' fiabesca dell'Europa, come se lì tutto fosse fantastico, senza contraddizioni sociali. La situazione è cambiata, tanti si trovano in Europa, e non per turismo. E vedono che per tante cose è meglio, per altre no. Inoltre, noto che molti paesi occidentali stanno prendendo una direzione politica che somiglia sempre di più a quello che conosciamo qui: un'estrema personalizzazione e la lontananza dalla base, una politica che non parla realmente di politica; una politica che non ha alcuna organizzazione alle spalle,​ ma un ottimo supporto elettorale”, mi dice Andrii.

Ma questo non impedisce di vedere un orizzonte comune: “Abbiamo bisogno dell'Unione europea. Abbiamo bisogno​ di una maggiore applicazione dello stato di diritto, l'Europa ha istituzioni comuni​ e leggi comuni. Non credo che l'Europa sia la risposta a tutte le domande, basta guardare all'Ungheria. Ma credo che ci sia un problema comune e che dovremmo risolverlo insieme”.

Per Vynohradiv è lo stesso, e non si fa nessuna illusione: certo, “è un’Unione neoliberale. Ma c'è ancora la speranza che, attraverso una maggiore integrazione degli stati in uno unico, sia possibile lottare a un livello più ampio per l'attuazione di alcune iniziative umanistiche a beneficio di tutti. In ogni caso, non spetta a Putin decidere se l'Ucraina vuole entrare nell'Ue o meno. Deve essere deciso esclusivamente dagli ucraini e dal popolo ucraino”.

Conclude Dudin: “L’Ue è un'istituzione molto complessa. Non so se l'Ucraina avrà qualche tipo di impatto sull'agenda europea. Ma penso che i nostri politici abbiano già distrutto il nostro sistema di welfare, e non si fermeranno, perché le aziende non sono soddisfatte del livello di distruzione dei nostri diritti sociali. Quindi forse l'adesione all'Ue ci eviterà lo scenario peggiore, e avremo una sorta di linea rossa al di sotto della quale non cadremo in termini di diritti sociali, economici e umani. Può essere uno strumento di protezione”.

Quando lascio l’ufficio di SR a Podil, Dudin e Vova mi accompagnano al mio albergo, facendo attenzione (per me) al ghiaccio, che ricopre, spesso, i marciapiedi innevati di Kiev. Camminando, Dudin mi dice una cosa che ho dovuto scrivermi in fretta sul telefono, per non dimenticarla, e che racconta, a mio avviso, non certo il tutto, ma una parte importante della questione: “Il largo sostegno popolare e la solidarietà di massa emersi durante il periodo di  guerra hanno dimostrato che la partecipazione alla vita politica non è più un privilegio delle classi superiori”.

🤝 Questo articolo è stato scritto nell'ambito della n-ost study visit a Kiev nel febbraio 2025 e pubblicato nell'ambito del Come Together collaborative project