Guerra e resistenza ai tempi di Putin: intervista con Kirill Medvedev del Movimento socialista russo

Author

Kirill Medvedev Federico Fuentes

Date
April 8, 2023

Il poeta, traduttore e attivista moscovita Kirill Medvedev, membro del Movimento socialista russo (RSD), parla con Federico Fuentes (LINKS International Journal of Socialist Renewal) della guerra del presidente russo Vladimir Putin contro l'Ucraina e della resistenza contro la guerra in patria.

Potresti prima di tutto parlarci un po' del Movimento socialista russo?

L'RSD è nato nel 2011 dalla fusione di due gruppi trotskisti. È un'organizzazione di sinistra allargata, i cui membri vanno dai comunisti progressisti ai socialdemocratici. Abbiamo partecipato attivamente alle proteste anti-Putin del 2012, rappresentando l'ala sinistra di questo movimento di opposizione.

L'RSD ha sempre voluto combinare un'agenda di classe tradizionale con le questioni della disuguaglianza di genere, dell'ecologia e del diritto alla città - nella teoria e nella pratica. Abbiamo cercato di criticare la parte reazionaria dell'eredità sovietica, appropriandoci al contempo del suo lato progressista.

Come organizzazione abbiamo collaborato con sindacati indipendenti, partecipato a iniziative ambientaliste, urbane e femministe, creato gruppi di lettura, partecipato a elezioni municipali e sostenuto persone che, come noi, hanno contribuito a campagne elettorali cittadine e federali. L'RSD ha fatto parte di una rete che ha sostenuto il candidato di sinistra Mikhail Lobanov alle elezioni della Duma del 2021. La sua vittoria contro il propagandista Yevgeny Popov, sebbene rubata dalle autorità, è stata un evento di grande ispirazione per l'opposizione russa.

Attualmente una parte della nostra organizzazione si trova all'interno della Federazione Russa, mentre un'altra parte si trova al di fuori del paese.

Qual è la posizione del Movimento socialista russo nei confronti dell'invasione dell'Ucraina da parte di Putin? Qual è stata, secondo voi, la principale forza trainante della decisione di Putin di invadere l'Ucraina?

Consideriamo questa guerra un atto di aggressione imperialista del regime di Putin contro l'Ucraina.

Il compito principale di Putin oggi è quello di rafforzare il suo regime in vista delle elezioni presidenziali del 2024, per essere rieletto o poter nominare un successore affidabile. Nel 2021, il consenso per Putin ha raggiunto il livello più basso di sempre.

Al posto dei liberali filo-occidentali e dei comunisti conservatori filo-sovietici, in lotta tra loro, negli ultimi è emerso un movimento populista. Ha un'ampia partecipazione giovanile, un'agenda anti-corruzione, redistributiva e decentralizzata, e la capacità di mobilitare la gente nelle strade e vincere le elezioni. Anche le regioni sono diventate sempre più attive.

Allo stesso tempo, Putin ha visto l'Ucraina uscire sempre più dalla sfera di influenza della Russia e ha temuto che lo spirito di Maidan del 2014 potesse riversarsi in Russia. Per riconquistare la sua popolarità, ha deciso di riaffermarsi nel ruolo di "collettore delle terre russe" - un ruolo che aveva iniziato ad affermare dopo il 2014.

La giustificazione politica è diventata così, apparentemente, la principale. I vantaggi che alcuni settori dell'economia russa traggono dalla guerra - sequestro di imprese e terre fertili ucraine, esportazione di metalli, denaro per il complesso militare-industriale - sono importanti, ma la maggior parte delle imprese ha sofferto a causa della guerra e non sostiene questa escalation.

Cosa puoi dirci sullo stato dell'organizzazione contro la guerra?

Esistono diversi tipi di resistenza. In primo luogo, ci sono azioni pacifiche condotte da singoli individui o gruppi informali: principalmente picchetti individuali o graffiti contro la guerra. In secondo luogo, c'è la resistenza violenta: azioni come l'incendio dei centri di reclutamento militare o il danneggiamento dei binari ferroviari. I gruppi anarchici si sono largamente assunti la responsabilità di queste azioni. In terzo luogo, ci sono gruppi che sostengono gli uomini mobilitati, chiedendo il loro ritorno e cercando i dispersi.

Le donne svolgono un ruolo enorme nella resistenza pubblica. La Resistenza femminista contro la guerra ha aiutato molto chi resiste in Russia e le persone costrette a fuggire dal paese. La disaffezione alla leva in alcune regioni, come il Daghestan, ha portato a proteste in cui le donne hanno avuto un ruolo di primo piano. Il Consiglio delle madri e delle mogli, composto da donne che cercano di salvare i loro mariti e figli dalla mobilitazione o che chiedono il loro ritorno a casa, sta crescendo attivamente. Questa iniziativa preoccupa molto le autorità, perché si rivolge agli strati più profondi delle masse, a coloro che stanno appena iniziando a politicizzarsi.

Le vittime di questa guerra in Russia sono gli strati più poveri. Tuttavia, la partecipazione e le perdite in questa guerra per il "mondo russo" sono simbolicamente e demograficamente più dolorose per le nazionalità minoritarie e poco numerose [popolazioni indigene del Nord, della Siberia e dell'Estremo Oriente]. L'agenda della decolonizzazione viene discussa attivamente in questo ambiente di opposizione.

Negli ultimi anni, abbiamo assistito a misure adottate dalle autorità per promuovere il russocentrismo e consolidarlo giuridicamente. Ad esempio, secondo un emendamento alla Costituzione, i russofoni sono diventati un "popolo che forma lo Stato". La guerra contro l'Ucraina è un ulteriore passo radicale e molto pericoloso in questa direzione. I socialisti russi hanno il difficile compito di decostruire la matrice imperiale della Russia e di sostenere il diritto dei popoli a una reale autodeterminazione, offrendo al contempo una piattaforma sociale e di classe comune. Dobbiamo fare in modo che l'agenda della decolonizzazione non si trasformi in scontri sanguinosi sui confini di territori presumibilmente "ancestrali", ma piuttosto in una lotta comune contro l'oligarchia parassitaria, il razzismo imperiale e il patriarcato.

Le principali associazioni sindacali sostengono la guerra. C'è qualche segno di organizzazione sindacale o di lotta contro la guerra mentre questa è in corso?

La guerra è sostenuta dai sindacati filogovernativi. Nonostante la guerra, i sindacati indipendenti continuano a difendere i diritti dei lavoratori, che sono stati violati a un ritmo ancora maggiore dall'inizio della guerra. La repressione contro i sindacalisti si è intensificata, ma di solito non è direttamente collegata alla guerra.

Kirill Ukraintsev, un leader del sindacato trasportatori, è in carcere da aprile per aver organizzato delle proteste. A dicembre, il sindacato ha tenuto uno sciopero in diverse regioni. C'è stata repressione contro il sindacato dei medici, Azione, uno dei sindacati indipendenti più attivi. Anton Orlov, coordinatore di Azione nel Bashkortostan, è in carcere con un'accusa di frode inventata. Vladimir Baranov, responsabile di Action a San Pietroburgo, è stato interrogato e perquisito. Lobanov, di cui ho già parlato, è un leader del sindacato Solidarietà Universitaria. Ha appena scontato 15 giorni di carcere per "resistenza alla polizia" durante una perquisizione nel suo appartamento. L'anno scorso è stato condannato due volte per un post sui social media che diceva "No alla guerra" e per uno sugli elementi di classe della guerra di Putin.

I sindacati, come i movimenti ambientalisti, rimangono uno dei fulcri dell'auto-organizzazione e dell'azione collettiva nel paese.

Dal tuo punto di vista di persona che vive in Russia come vedi le questioni della fornitura di armi all'Ucraina, del conflitto nel Donbas e della NATO?

L'Ucraina ha tutto il diritto di ricevere aiuti militari da chiunque, proprio come i curdi e come il Vietnam negli anni Sessanta e Settanta. Tanto più che anche la Russia da anni acquista armi dall'Occidente. E il desiderio dei vicini della Russia - traumatizzati dalla loro storia di interazioni con la Russia - di entrare nella NATO è abbastanza comprensibile.

Per quanto riguarda il Donbas, si tratta di una questione dolorosa. Nel 2014, la Russia ha annesso la Crimea e parti del Donbas, approfittando del fatto che molti ucraini russofoni in questi territori erano preoccupati per l'ascesa dell'estrema destra dopo Maidan. L'invasione russa ha portato alla fuga di circa un milione di abitanti del Donbas verso territori non occupati dell'Ucraina. Nelle cosiddette "repubbliche popolari" di Donetsk e Lugansk si sono instaurate dittature filo-moscovite, mentre l'Ucraina ha condotto una "operazione antiterrorismo" per riconquistare i territori, uccidendo i residenti. Nel 2022 la Russia ha scatenato una guerra su larga scala, apparentemente nell'interesse degli abitanti delle cosiddette "repubbliche popolari". Ma non ha portato loro altro che morte, distruzione e mobilitazione forzata. La Russia dovrebbe infine rinunciare alle sue pretese su questi territori. Ma la pace in Crimea e nel Donbas dopo la guerra, così come la pace in altri luoghi devastati dalla guerra, è una preoccupazione per la comunità internazionale. Dovrebbe essere una preoccupazione anche per la sinistra internazionale.

La realtà è che l'attuale guerra della Russia contro l'Ucraina ha un solo iniziatore: la leadership russa. Le sue radici, tra l'altro, affondano in stereotipi imperiali rianimati, sostenendo che russi, ucraini e bielorussi sono un unico popolo. Ma se si considera la prospettiva storica dei 30 anni trascorsi dal crollo dell'Unione Sovietica, la leadership della NATO ha un'enorme responsabilità per il fatto che ci troviamo di nuovo di fronte alla possibilità di un confronto militare globale. La NATO avrebbe dovuto essere sciolta dopo il crollo del blocco sovietico. La sua permanenza in vita ha trasmesso il messaggio diretto che non esiste un'alternativa al capitalismo neoliberista.

Questa mancanza di alternativa ha dato origine al neoliberismo post-sovietico in Russia, e infine a Putin e alla sua guerra. Di conseguenza, è emersa un'alternativa falsa e reazionaria alla globalizzazione liberale: il progetto del "mondo multipolare" che Putin e i suoi associati in vari altri paesi sognano oggi. Si tratta di un mondo in cui pochi grandi attori si dividono il mondo in sfere di influenza, soggiogano i paesi vicini, non interferiscono con la capacità degli altri di sfruttare i propri popoli e si aiutano a vicenda per reprimere il malcontento interno. Tutto questo viene fatto in nome di alcuni valori "nazionali" o "civili" speciali e presumibilmente intrinseci. Putin ha visto la guerra con l'Ucraina come un passo in questa direzione. È mostruoso che ciò avvenga sotto slogan antifascisti e persino anticoloniali, che olti prendono per buoni.

La grande questione per la sinistra e per i democratici del XXI secolo è come garantire che l'inevitabile crescita dell'agenda delle identità, dell'autodeterminazione dei diversi gruppi, comunità, territori e nazioni non sia d'intralcio, ma contribuisca a risolvere i problemi globali legati al clima, alla disuguaglianza e alla nuova corsa agli armamenti. Abdullah Ocalan, riflettendo sul progetto nazionale curdo, ha scritto del concetto di "Confederalismo democratico". Penso che la sua rilevanza in questo contesto aumenterà. Tuttavia, l'esperienza del socialismo del XX secolo ci dice che non esiste una ricetta unica per tutti i paesi e i continenti.

Pubblicato su LINKS International Journal of Socialist Renewal e tradotto per gentile concessione del sito.